burocrazia nell’era 2.0

Da ormai un mese siamo alle prese con un “clearence delay” presso la dogana italiana. A nulla valgono le spiegazioni e l’aver fornito i dati personali richiesti. Quattro tra le opere provenienti dall’Argentina hanno impiegato un paio di giorni ad arrivare da Buenos Aires a Bergamo e lì giacciono nel sospetto del più losco traffico commerciale internazionale… e per fortuna che i temi trattati dal nostro concorso nulla hanno a che fare con denunce sociali o politiche.

Eppure il web ha messo in contatto artisti di tutto il mondo desiderosi di far conoscere la propria voce al di là del globo-globale, riallacciare relazioni culturali con la terra d’origine, sentirsi parte di qualcosa di condiviso come l’apprezzare gusti e tradizioni legati a elementi universalmente apprezzati: il vino è storia al di là di confini e dogane. Il saper lavorare metalli e resine e componenti naturali o sintetici, è storia e capacità affinate nei secoli.

Il web ha favorito i nostri Gioielli in Fermento e, come in tanti altri settori, non da ultimo proprio il vino e la sua legale esportazione, la burocrazia ha cristallizzato ogni iniziativa.

A priori, ancora prima che si innescasse qualsiasi eventualità di sviluppo. A priori le dogane esistono per stabilire che ogni movimento di oggetti sarà di certo a scopo di lucro e per giunta illecito. Senza dubbio: per chi affronta la spesa per iscriversi a un concorso, inviare l’opera per corriere espresso, coprire le spese doganali ipotizzate, seguire a distanza o magari anche affrontare successive trasferte all’estero per promuovere la propria opera nelle varie occasioni espositive, coprire le spese di spedizione per il ritorno del pezzo con l’onere di dover dimostrare che non è importazione ed infine scoraggiarsi definitivamente nel veder sfumare ogni possibilità di poter stabilire rapporti con gallerie all’estero e accontentarsi di poter coltivare contatti con potenziale clientela che prima o poi venga a visitare il suo paese d’origine… Beh sì direi che sono interessi paragonabili alla caratura di un traffico illegale di diamanti, rifiuti tossici, armi, materiali radioattivi, alimenti contaminati, organi di esseri viventi….

Perdonate lo sfogo, non è certo novità di questo mondo falsamente globalizzato, so di enormi difficoltà che altri colleghi hanno incontrato per gestire opere da esporre provenienti da Estremo Oriente ed Est Europeo, ma anche oneri insostenibili tra i paesi occidentali in area extra CE.

Non ci resta che affidarci alla virtualità, sperando che ognuno di noi non perda l’entusiasmo del fare reale, del gustare con tutti i nostri sensi, perché osservare dal vivo, toccare, respirare, soppesare, sentire, la vibrazione di un oggetto , il suo materiale, la sua superficie, il suo odore, fa parte della sua natura intrinseca di essere ornamento, di essere ciò che è stato pensato e realizzato dal suo autore.

Per sottolineare il lavoro di tutti gli autori di Gioielli in Fermento ed in particolare delle autrici argentine che hanno i loro pezzi “bloccati” in dogana italiana, riportiamo qui la frase che Maria Carelli ha tratto dal libro di María Josefina Cerutti, [“Ni ebrias ni dormidas. Las mujeres en la ruta del vino”, Ed. Planeta, Bs As, 2013.] :

L’arte orafa (aggiunge Maria Carelli sulla citazione di Cerutti), come quella di chi produce vino, consiste nella “…presenza, nel compromesso e la materialità del nostro corpo nella vita quotidiana” (..la presencia, el compromiso y la materialidad de nuestro cuerpo en la vida cotidiana)

Spero di leggere presto il libro di M.J.Cerutti, e alla prima occasione lo si potrebbe inviare in dogana… magari trattenendolo per accertamenti potrebbero fare letture interessanti!

qui la traduzione in spagnolo | here You can find spanish text, thanks to Maria Carelli

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8 pensieri su “burocrazia nell’era 2.0

  1. Gracias Eliana por tu publicación y por preocuparte tanto por este envío frustrado.
    Espero que finalmente se libere el paquete y podamos recuperar nuestras piezas o que sigan su viaje por el mundo.
    Esto me hizo reflexionar y pensar que quizá también nosotras nos equivocamos.
    Tal vez debiéramos ser más profesionales y pedir a quien corresponda apoyo para que nuestras piezas puedan viajar por el mundo representando a la Argentina.
    Deberíamos, además de artistas, ser un poco políticas.
    Seguiremos creciendo y aprendiendo de todo esto.
    Saludos, Bárbara Paz

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